Segnali inquietanti

di Antonio Angioni

Nel corso degli ultimi mesi sono stati colti alcuni segnali che non esitiamo a definire inquietanti e che dovrebbero far seriamente riflettere gli imprenditori, i manager e chi ha a cuore le sorti della competitività del sistema paese.
Prendiamo le mosse dal rapporto Censis che domina per pochi giorni le headlines dei giornali per poi cadere nell’oblio. La 52 edizione esordisce radiografando: “rancore, cattiveria, una società senza miti ed eroi, complottismo e fuga dal reale”. 

Da segnalare poi il ritorno del sogno dell’impiego pubblico che secondo un sondaggio realizzato dalla SWG attira il 28% degli intervistati, con un balzo, rispetto ad un’analoga indagine del 2016, di 13 punti percentuali. Last but not least dal 2016 al 2018, secondo quanto riportato dalla Fondazione Migrantes sulla base dei dati dell’Anagrafe dei residenti all’estero, sono aumentati del 64,7% le persone che hanno preso la residenza in un altro Paese e, verificando con attenzione ,si scopre che non sono pensionati in cerca di contesti fiscali più favorevoli ma il 37% ha fra i 18 e i 34 anni ed il 25% fra i 35 e i 49 anni, alla ricerca di opportunità che non riescono a trovare in patria e di contesti nei quali sia riconosciuta la meritocrazia .

Si sta delineando per chi fa impresa in questo paese una situazione di emergenza, con il rischio che i famosi lacci e lacciuoli, a suo tempo invocati da Guido Carli, si trasformino in una tagliola esiziale. Il rallentamento del ciclo economico in atto, non solo in Italia ma nel contesto internazionale, rischia di far passare in secondo piano un contesto nel quale le tante imprese, che molti paesi ancora ci invidiano e che con la loro attività hanno permesso di evitare di fare, almeno sinora (!!!) , la fine della Grecia, si troveranno ad operare con crescenti difficoltà in termini di: risorse, consenso, creatività. Anziché rispolverare in ristretti contesti autoreferenziali concetti come la responsabilità sociale dell’impresa è giunto il momento di tradurre certe categorie in comportamenti tangibili. 

Declinare la responsabilità sociale dell’impresa implica: mettere al centro il lavoro, coinvolgere le persone, riconoscere e fare apprezzare il merito, investire in tecnologia ed in formazione, saper valorizzare le ricadute nel sociale di questo impegno, facendosi carico di impegni di cui la PA non è in grado o non ha le risorse/volontà di realizzare. Intendiamoci esistono in Italia imprese e contesti nei quali tutto questo viene portato avanti ma non sono ancora percepiti dall’immaginario collettivo, non fanno notizia. 

Ci sono ancora risorse e spazi per reagire, per attirare persone capaci anziché incedere a pratiche affiliatorie, per dimostrare che è possibile invertire la rotta e non considerare ineluttabile una decrescita felice che felice non sarà perché rischia di marginalizzarci, di privarci delle risorse migliori, di relegarci in un grigio appiattimento. Anziché lamentarsi perché additati come ‘prenditori’ e subire la continua gogna mediatica, è importante reagire con fatti concreti, consapevoli, potremmo dire parafrasando Saint-Exupéry , che “non ereditiamo la terra ma la prendiamo in prestito ai nostri figli”.

30 gennaio 2019 – Business International – HR Director Montly