Opportunità e rischi dell’Intelligenza artificiale
di Antonio Angioni
Sarebbe illusorio immaginare di affrontare in maniera esaustiva, nei limiti di un articolo, un tema così complesso non solo per le molteplici implicazioni (etiche, scientifiche, giuridiche, sanitarie, industriali, organizzative, formative, informative, sociali, politiche, economiche, militari, geopolitiche …..) nonché per i pericoli ma anche perché siamo di fronte ad uno sviluppo ancora in corso di cui non è dato di conoscere gli esiti, sempre ammesso che ci possano essere esiti finali. Alla luce di quanto sta succedendo non è da escludere che abbia preso le mosse un processo destinato a durare e a svilupparsi in maniera proteiforme per diversi lustri.
Se non fosse stato per l’esplosivo irrompere sulla scena di ChatGPT, che il 22 novembre del 2022 in solo cinque giorni è riuscito a totalizzare più di un milione di utenti superando dopo due mesi i 100 milioni (a differenza delle altre applicazioni che hanno impiegato periodi più lunghi per affermarsi e per raccogliere utenti), forse il tema dell’intelligenza artificiale sarebbe rimasto confinato agli addetti ai lavori. In realtà siamo di fronte ad un fenomeno che ha avuto per così dire uno sviluppo carsico ma non per questo meno complesso. Nel 2010 iniziarono ad essere utilizzate le prime forme di IA per affinare le ricerche su Internet. Alcuni anni dopo, nel 2014, hanno cominciato a diffondersi le soluzioni predittive capaci di indirizzare le scelte di consumatori ‘ profilati ‘ dopo alcuni acquisti. Nel 2018 si è arrivati al riconoscimento degli oggetti da parte delle macchine. Per certi versi quindi il ChatGPT non deve meravigliare più di tanto perché è la naturale evoluzione della ricerca. L’aver reso pubblico a livello planetario la novità di poter instaurare un dialogo fra l’uomo ed una applicazione capace di rispondere con testi, immagini, video, traduzioni, musica, programmi informatici, ne spiega il successo dirompente, successo che ha dato vita ad una rincorsa da parte di altri operatori come Google e Baidu che si sono messi sulle orme di Open AI. L’amministratore delegato di Open AI, Samuel Altman, ha di recente affermato nel meeting di Davos che l’intelligenza artificiale generativa supererà ‘la rivoluzione agricola, la rivoluzione industriale e la rivoluzione di Internet messe insieme’. Non si può negare come questo sviluppo abbia colto di sorpresa la maggior parte delle persone e stia alimentando dibattiti in più sedi e a vari livelli. È sicuramente una business disruption più rilevante rispetto a quelle citate da Altman ma è anche vero che la storia degli ultimi secoli dimostra che le grandi rivoluzioni hanno anche creato nuove opportunità e nuovi lavori prima inesistenti.
Con i limiti sopra richiamati ci sembra utile condividere alcune riflessioni in merito agli aspetti organizzativi ed economici per le imprese e le organizzazioni prendendo spunto da quanto stiamo osservando in questo periodo nella nostra attività di assistenza e di supporto alle realtà che operano in Italia. Riflessioni che non hanno alcuna pretesa di esaustività, sulle quali non possiamo escludere di dover tornare in futuro in considerazione degli sviluppi che si saranno nel frattempo riscontrati.
Oggi non c’è nessuna impresa e nessuna organizzazione che non si stia seriamente ponendo il problema di come fare ricorso a queste soluzioni, di quali opportunità disporre, di come utilizzare i dati disponibili in maniera sempre più copiosa, di quali investimenti fare. Non si tratta di iniziare una ricerca affannosa perché da poco è stato inaugurato l’Osservatorio del supercalcolo del Centro nazionale di ricerca in high performance computing (ICSC), il cui hub è dentro il Tecnopole di Bologna dove è in funzione il supercalcolatore Leonardo, il sesto calcolatore a livello mondiale per potenza e secondo per applicazioni. Non esiste infatti un problema di approvvigionamenti ma un tema di conoscenza. I primi dati disponibili a questo proposito sono inequivocabili: mentre il 60% delle grandi imprese ha iniziato ad investire, ancora irrisoria è la percentuale delle PMI e della stessa PA che perde al momento la possibilità di fare da traino. Quando ci confrontiamo con le imprese clienti riscontriamo curiosità, mista ad una certa diffidenza/reticenza, nonché ricorrenti perplessità per come e con quali risorse governare il cambiamento. Se vengono apprezzate le opportunità offerte dall’IA nella relazione con i clienti, sono ancora in molti che esitano per il timore di veder affievolito se non addirittura di perdere la dimensione della relazione fisica con i clienti stessi. Si preferiscono le applicazioni che riducono costi di produzione, che razionalizzano la supply chain mentre troviamo ancora esitazioni a verificare le possibilità offerte nella predisposizione di strategie di marketing e nella gestione delle vendite, grazie alla disponibilità di dati ed alle verifiche predittive. Alla base di questa esitazione c’è anche la resistenza di quanti, all’interno delle aziende, temono per la propria posizione, timore alimentato anche dalle allarmanti statistiche avanzate da vari centri di ricerca, sul numero dei dipendenti che saranno impattati dalle nuove applicazioni/soluzioni. Dal momento che esiste un grave mistmach, che tenderà ad aggravarsi ulteriormente, fra la domanda e l’offerta di risorse specializzate, è importante che nella allocazione degli investimenti per introdurre nelle aziende l’IA vengano destinate risorse adeguate per la qualificazione delle risorse. Per molti si tratterà di iniziare veri e propri itinerari di re-skilling, per altri di up-skilling, per molti si imporrà la scelta di affrontare nuove posizioni o reperire nuove posizioni. Non saranno in gioco solo le hard skills ma anche e soprattutto le soft skills grazie alle quali le persone potranno affrontare e non subire il cambiamento richiesto ed apprezzare quella dimensione della quality augmentation generata dalle nuove applicazioni.. Non sarà un cambiamento indolore nemmeno per gli imprenditori e per i manager che se da una parte dovranno alimentare ed orientare al cambiamento i collaboratori, saranno chiamati dall’altra a ripensare stili di leadership e ruoli, le modalità di creazione del valore, le modalità di confrontarsi con sistemi che cominciano ad essere definiti da alcuni studiosi come autosapiens. Auto perché i nuovi sistemi sono capaci di agire autonomamente (e lo saranno sempre di più) e sapiens perché capaci di formulare valutazioni complesse.
Non saranno le regolamentazioni che si stanno definendo a vari livelli, principalmente per bilanciare innovazione e sicurezza e per affrontare i pericoli ed i rischi insiti ad una mancanza di controlli, a fornire un aiuto ma occorre costruire una cultura improntata ad un nuovo umanesimo che ponga al centro la persona nelle aziende, nelle organizzazioni come nella società. Parafrasando una celebre espressione di Francis Bacon potremmo dire che l’Intelligenza artificiale può garantire ottime opportunità ma non deve diventare padrona dei nostri destini.
19 marzo 2024 – Intervento nella società