Sintesi del contributo offerto nella tavola rotonda del 18.6.2019 in occasione dell’European HR Directors Summit di Business International

Pubblicazione: 15 luglio 2019 00:00

Il nostro modello di prossimità con le imprese ci permette di cogliere l’emergere di fabbisogni e il ridisegno delle priorità.
In particolare segnaliamo come nuovi fabbisogni quelli generati dall’introduzione e dallo sviluppo delle nuove tecnologie: più che di   manifattura si dovrebbe parlare di digifattura.

Emergono alcune esigenze, non solo e non tanto il ripensare il business model ma soprattutto avere la disponibilità delle competenze richieste dall’applicazione delle nuove tecnologie e di un management adeguato.

Competenze:

  1. Il vecchio blue collar della fabbrica novecentesca sta cedendo il passo all’AW, (augmented worker) , che non interviene manualmente nel ciclo ma fa un monitoraggio di più fasi, di fasi più ampie del processo produttivo, con la necessità di gestire la variabilità delle sequenze.
  2. i tecnici e le altre figure sono sempre più orientati al multitasking.

Da qui la necessità di intervenire all’interno e di orientare le ricerca all’esterno, puntando su:

polivalenza, familiarità con le nuove tecnologie, capacità di risolvere i problemi e di apprendere in situazioni di incertezza.

Management.

A questo proposito si rileva la maggiore criticità nè può essere consolatorio pensare non sia un problema solo italiano. Oltre al report del 2012 costruito coinvolgendo 250 HRD in Europa The digital trasformation of people management, sono stati di recente oggetto di un confronto i risultati di ricerca condotta da Havard Business School in alcuni paesi (Brasile, Cina, Francia, Germania, India, Indonesia, Giappone, Spagna, Svezia, UK e US), intervistando 11.000 dipendenti e 6500 supervisor. Da questa ricerca emerge chiaramente che:

  1. dipendenti sono disposti a mettersi in gioco ed a sperimentare comunque nuove opportunità di lavoro con le nuove tecnologie alle quali guardano con un misto di paura e di curiosità;
  2. i managers hanno un approccio meno reattivo, incerti nel capire i nuovi trend e nel gestire le ricadute.

Change management come filosofia, che implica un approccio permanente per rompere la comfort zone e per mantenere una tensione continua con soluzioni costruite caso per caso e non con soluzioni preconfezionate ma con approccio inclusivo.   

Minaccia prevalente: calo demografico.

Emblematico il video proiettato nella recente assemblea generale di Confindustria con il neonato che avrà 20 anni nel 2039-40: ci saranno 18,8 milioni di over 65 ed una riduzione della workforce di 5 mio (a 33,7). Trend non solo italiano ma europeo, con una differenza, in Europa fra 25 anni ci sarà il 28% di over 65 mentre in Italia 33%.

Agire nella logica dell’emergenza come si sta facendo strada per il clima:

  1. non facendo formazione ma creando learning culture,
  2. non investendo solo sui giovani ma anche sui senior, per combattere l’obsolescenza;
  3. coinvolgendo le risorse nel processo di cambiamento;
  4. costruendo politiche attraenti in grado di fermare l’emorragia verso altri paesi (169K hanno lasciato l’Italia) o verso il sistema pensionistico iniquo;
  5. mobilitando tutti anche nella costruzione della talent pipeline.