Attrattività del paese, attrattività delle imprese
di Antonio Angioni
Il clamore di una campagna elettorale decisamente sopra le righe ha oscurato molti dei problemi che torneranno a presentarsi puntualmente al nuovo Parlamento ed al nuovo Governo: fra questi la competitività del sistema Paese. Senza mettere in dubbio o sminuire i risultati che sono stati realizzati in questi ultimi anni, rispetto agli altri Paesi l’Italia, se incrociamo i dati statistici locali e quelli europei, procede con fatica, per non dire che arranca, evocando l’immagine di una vettura che procede con il freno a mano tirato.
Nothing new under the sun verrebbe voglia di dire se solo si ricordano ‘i lacci ed i lacciuoli’ a cui fece ricorso G. Carli ma è significativo che, a distanza di diversi decenni di quella famosa allocuzione, le difficoltà siano le stesse se non addirittura rese più complesse dalla globalizzazione. Ma parte di un sistema Paese sono anche le imprese e sicuramente, come il Paese, anche le imprese italiane non sono attraenti. Per quale motivo, infatti, molti giovani laureati preferiscono lasciare un paese come l’Italia (con una percentuale bassa di laureati rispetto agli altri paesi dell’UE) per altri? Per quale motivo i migranti qualificati, in fuga da paesi martoriati, preferiscono solo transitare in Italia?
Ci lamentiamo giustamente dell’incredibile gap esistente come numero di diplomati tecnici fra noi (che rimaniamo comunque il secondo paese manifatturiero dell’Europa) e la Germania (che è il primo) ma cosa facciamo tangibilmente per invertire questa tendenza? Non bastano iniziative, pur lodevoli, come fabbriche aperte, open day, centri di competenza, occorre una coerente, costante politica di gestione delle risorse che, indipendentemente dalle dimensioni dell’impresa, punti a creare un mindset aperto, nel quale le persone, italiane e straniere si sentano ingaggiate. Sottolineo italiane e straniere perché il capitale umano non ha una nazionalità e le economie più solide sono quelle che sanno coinvolgere le intelligenze indipendentemente dalla loro provenienza.
Purtroppo si ha sempre la tendenza ad esternalizzare le responsabilità, per cui se il Paese non è abbastanza attraente è colpa di interpretazioni amministrative che non ammettono corsi in inglese all’Università o Direttori non italiani alla guida di musei…peccato però che quando si tenta di coinvolgere le imprese per ospitare stagisti stranieri impegnati in un master si trovino tante difficoltà!!!
Nelle assise di Confindustria a Verona appena concluse, si è tornati a parlare di responsabilità sociale e di sostenibilità, una scelta molto impegnativa. Per evitare infatti che si esaurisca in uno slogan autoreferenziale occorre che l’idea di “valore condiviso” porti all’integrazione delle tematiche della responsabilità sociale nei modelli di business aziendali, come due campioni della catena globale del valore come M.E. Porter e M.R. Kramer hanno chiarito nel saggio Reiventing capitalism. Riuscire a rendere attraenti le nostre imprese per le risorse ed i talenti in particolare, sarebbe già un contributo importante e trascinante per altre componenti del sistema Paese.
22 febbraio 2018 – Business International – HR Director Montly